Informativa

Vendita in conto visione: la merce va pagata anche se viene rubata

Nella vendita in conto visione l’acquirente, se entro un anno dalla consegna della merce non riesce a rivenderla, è tenuto a riconsegnarla al cedente o a pagarne il prezzo (art. 6, D.P.R. n. 633/1972). Se, però, nel frattempo la merce perisce (ad esempio per una rapina), l’art. 1557 c.c. prevede che “chi ha ricevuto le cose non è liberato dall’obbligo di pagarne il prezzo, se la restituzione di esse nella loro integrità è divenuta impossibile per causa a lui non imputabile”. Si tratta di una responsabilità oggettiva.

Una società cliente, operante nel settore della vendita di gioielli e articoli di lusso, ha ceduto ad una piccola gioielleria diversi beni (bracciali, collane, ecc.) secondo lo schema della vendita in conto visione (metodo applicato tra le stesse parti già da alcuni anni).

Decorso oltre un anno, e non avendo ricevuto alcunché (né denaro relativo al valore dei gioielli, né la riconsegna della merce invenduta), la nostra cliente ha emesso regolare fattura fiscale e, successivamente, ha chiesto che le fosse pagato il prezzo per la vendita di quella merce.

Dal conto proprio, l’acquirente ha affermato di aver subito una rapina in cui erano stati rubati anche quegli stessi beni e, quindi, come non dovesse pagare nulla visto che si trattava di un evento imprevedibile e indipendente dalla propria volontà.

Incardinato un giudizio, il Tribunale ha accolto in pieno la nostra tesi ritenendo che, secondo la disciplina di questo tipo di rapporto contrattuale, in caso di perimento del bene, l’acquirente sia tenuto ugualmente a corrispondere il prezzo di acquisto, ex art. 1557 c.c.

Di seguito analizziamo meglio questo recente caso di successo per il nostro studio (pratica gestita dall’avv. Loredana Doto).

La vendita di beni in “conto visione”.

Generalmente, il trasferimento della proprietà di beni mobili avviene immediatamente, nel momento in cui le parti manifestano il reciproco consenso.

Tuttavia, nella prassi commerciale, vi sono casi in cui le parti hanno la necessità di differire gli effetti della cessione dei beni, che, quindi, non si perfeziona con il manifestarsi del reciproco consenso, bensì al verificarsi di specifici eventi (in queste ipotesi si parla di compravendita ad effetti differiti).

La fattispecie di cui è causa, comunemente definita vendita di beni in “conto visione”, rappresenta, per l’appunto, una delle ipotesi di compravendita ad effetti differiti.

La vendita in conto visione indica il negozio giuridico concluso tra due soggetti, in forza del quale il cedente consegna al cessionario una determinata quantità di beni mobili (consegna corredata da documenti di trasporto contenenti l’indicazione di cedente, cessionario, beni oggetto di consegna, data di consegna), affinché quest’ultimo possa poi effettuare la rivendita di tali beni a terzi, rappresentati generalmente dai consumatori finali degli stessi.

In tal caso, al momento della rivendita a terzi dei beni da parte del cessionario, il cedente è tenuto ad emettere fattura nei confronti del cessionario per l’importo indicato nei d.d.t. relativi alla consegna della merce in conto visione.

Nell’ipotesi, invece, in cui il cessionario non rivenda i beni a terzi, quest’ultimo ha la possibilità di restituirli al cedente, a condizione che tale restituzione sia effettuata entro il termine di un anno dalla consegna dei beni stessi.

Trascorso tale termine, infatti, il cedente è in ogni caso obbligato ad emettere fattura nei confronti del cessionario, rimasto in possesso dei beni non restituiti, cristallizzando gli effetti della compravendita, trasferendo la proprietà della merce definitivamente in capo al cessionario.

Dal punto di vista normativo, la vendita di beni mobili in conto visione è disciplinata dall’art. 6, D.P.R. n. 633/1972, ai sensi del quale “l’operazione si considera effettuata […] per le cessioni di beni inerenti a contratti estimatori, all’atto della rivendita a terzi ovvero, per i beni non restituiti, alla scadenza del termine convenuto tra le parti e comunque dopo il decorso di un anno dalla consegna o spedizione”.

Peraltro, l’esplicito richiamo alla figura dei contratti estimatori lascia trasparire la volontà del legislatore di applicare, per disciplinare tutti gli aspetti civilistici del rapporto, le norme tipiche del contratto estimatorio (di cui agli artt. 1556 c.c. e ss.).

L’art. 1 comma 5, D.P.R. n. 441/1997, inoltre, statuisce che “La consegna dei beni a terzi a titolo non traslativo della proprietà risulta in via alternativa: […] b) dal documento di trasporto previsto dall’articolo 1, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 1996, n. 472, integrato con la relativa causale, o con altro valido documento di trasferimento”. Per cui, in caso di disaccordo, anche il documento di trasporto può diventare determinante per comprendere quale fosse la reale delle parti, al fine di stabilire quale tipo di contratto abbiano adottato.

Come già accennato, si tratta di un tipo di rapporto molto diffuso nella prassi commerciale per diverse ragioni. Infatti, l’acquirente/cessionario contrarrà l’obbligo di pagare il prezzo d’acquisto soltanto nell’ipotesi in cui, entro un dato periodo di tempo, riesca ad effettuare la vendita della merce affidata.

Proprio per queste caratteristiche, il contratto estimatorio trova larga applicazione nel commercio dei giornali, dei libri, degli articoli di abbigliamento (in particolare per gli outlet), degli oggetti preziosi, risultando più vantaggioso rispetto alla vendita per entrambe le parti. Infatti, da un lato il venditore ha la possibilità di immettere sul mercato più merce, sfruttando in modo indiretto l’organizzazione commerciale del cessionario, con maggiori prospettive di guadagno; dall’altro, l’acquirente ha la possibilità di adoperarsi per vendere beni di diverse qualità e quantità senza l’onere di doversi accollare dei costi che poi potrebbe non recuperare.

Come già detto, nell’ipotesi in cui il cessionario non rivenda i beni a terzi, quest’ultimo ha la possibilità di restituirli al cedente, a condizione che tale restituzione sia effettuata entro il termine di un anno dalla consegna dei beni stessi.

Trascorso tale termine, infatti, il cedente è in ogni caso obbligato ad emettere fattura nei confronti del cessionario, rimasto in possesso dei beni, cristallizzando gli effetti della compravendita dei medesimi, trasferendone definitivamente la proprietà in capo al cessionario (Cass. Civ., Sez. V, 08.08.2005, n. 16705; Cass. Civ., Sez. V, 27.08.2009, n. 18760).

La responsabilità “ex recepto” del cessionario.

Uno degli aspetti meno noti, eppure più significativi della disciplina del contratto estimatorio (e, quindi, anche della vendita in conto visione) è rappresentato dalla responsabilità del cessionario per la perdita e/o la distruzione, in tutto o in parte, della merce ricevuta prima della scadenza del termine per la riconsegna.

Infatti, l’art. 1557 c.c. stabilisce che “Chi ha ricevuto le cose non è liberato dall’obbligo di pagarne il prezzo, se la restituzione di esse nella loro integrità è divenuta impossibile per causa a lui non imputabile.

Quindi, se, in pendenza del termine, il bene consegnato perisca o si deteriori, il cessionario/acquirente è tenuto a pagare il prezzo convenuto, proprio perché non è in grado di restituire integro quel bene che gli era stato consegnato, anche se la restituzione nella sua integrità sia divenuta impossibile per causa a lui non imputabile.

Il cessionario, pertanto, è tenuto a pagare il prezzo convenuto, non tanto perché il rischio ricada su di lui ma, appunto, perché non è in grado di restituire integro quel bene che gli era stato consegnato.

In questi casi si parla di responsabilità oggettiva, che non prevede alcuna scusante, a meno che l’acquirente non dimostri la sua assoluta estraneità ai fatti che hanno causato il perimento della merce.

Nel caso da noi affrontato, il Tribunale di Foggia (sent. n. 1389/2018 del 17.05.2018, Giud. Caradonna) ha testualmente ritenuto che «stabilito che l’ipotesi contrattuale oggetto del presente giudizio è quella riconducibile allo schema negoziale del contratto estimatorio, va evidenziato che l’art. 1557 c.c. pone a carico dell’accipiens e quindi a carico della convenuta il rischio del perimento fortuito della cosa.

Trattasi di responsabilità oggettiva che impone all’accipiens di sopportare ogni tipo di danno che la cosa subisca successivamente alla consegna.

Consegue che la convenuta è tenuta a pagare il prezzo convenuto….»

Pertanto, il Giudice ha ritenuto che l’acquirente non potesse avvalersi, a propria discolpa, della semplice dichiarazione di perimento della merce a seguito di una rapina, trattandosi di una responsabilità oggettiva. Peraltro, lo stesso acquirente non ha fornito alcun elemento per poter ritenere di aver fatto tutto il possibile per evitare o limitare gli effetti della rapina invocata.

attoACQ (1)